Suicidio doloroso e inaccettabile: colpa della sanità che purtroppo è allo sbando ormai da anni, ecco tutti i dettagli della drammatica vicenda.
Quando accade un evento drammatico, come può essere ad esempio un suicidio, diventa importante capire cosa abbia portato una persona a compiere un gesto tanto estremo. In questo caso, ad esempio, la motivazione è legata a un problema che riguarda tutta la società, in modo particolare il mondo della sanità, per cui è ancora più importante andare a fondo e capire cosa sia accaduto realmente.
Quello che è successo, infatti, ha a che fare sicuramente con i tantissimi tagli che i vari Governi hanno effettuato negli anni in ambito sanitario, ma soprattutto è collegato alla pandemia che da ormai 3 anni non dà tregua agli ospedali del nostro Paese e alle persone che ci lavorano, tra medici e infermieri. Da qui, la disperazione, lo stress alle stelle, la sindrome di ‘burnout’, così come è stata definita in questo caso, fino all’atto estremo del suicidio, sul quale ora l’Ordine professionale di riferimento ha deciso di non rimanere in silenzio. Ma andiamo con ordine e scopriamo insieme cosa è accaduto nel dettaglio.
La storia che raccontiamo arriva direttamente da Napoli, ed è quella di un infermiere che una settimana fa si è tolto la vita. Si tratta di un uomo che lavorava presso il Policlinico del capoluogo partenopeo e che avrebbe compiuto questo gesto dopo essere arrivato al limite per lo stress causato dal lavoro e dai turni pesantissimi in ospedale. La vicenda è stata portata sotto i riflettori da Teresa Rea, Presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli, che ha scritto una lettera al Governatore della Campania, Vincenzo De Luca per metterlo a conoscenza delle difficilissime condizioni lavorative della sua categoria, tra tagli da parte del Governo, mancanza di personale, turni insostenibili, paghe non all’altezza e spesso anche aggressioni da parte dei pazienti.
La lettera della Rea è davvero da brividi e utilizza il suicidio del collega come esempio massimo del livello di stress ed esasperazione con cui si lavora negli ospedali. “Sono seriamente turbata e preoccupata. Ogni giorno decine di colleghi si dicono esasperati, sfiniti per gli organici inadeguati, turni impossibili e carichi di lavoro insostenibili, ma anche per le continue mortificazioni verbali, le aggressioni, le pistole puntate alla tempia da parte di un’utenza a sua volta esasperata per disservizi che non dipendono da noi infemieri. Il collega si è suicidato perché non ha più retto ai ritmi logoranti di lavoro, a dimostrazione che quello che noi svolgiamo è un lavoro altamente usurante”, scrive la Rea.
Del resto, con la pandemia di Covid, i medici e gli infermieri hanno vissuto anni difficilissimi, con tanti colleghi che hanno perso la vita, ma soprattutto turni infiniti, ritmi elevatissimi, in molti casi senza un riconoscimento reale in termini economici e di carriera. Ed è proprio questo che Teresa Rea sottolinea nella sua lettera a De Luca: “La misura è colma, i colleghi sono stufi delle pacche sulle spalle, degli ‘angeli’ e degli ‘eroi’. Gli infermieri di Napoli chiedono che sia riconosciuta dignità alla loro professione, che è a rischio demansionamento per la grave penuria di personale di supporto e modelli organizzativi che ci obbligano a lavorare in costante emergenza, ammalandoci più e peggio di ogni altra categoria, rinunciando a ferie, permessi e progetti di vita”. Non manca, poi, una richiesta ufficiale a smetterla con i tagli: “Negli ultimi vent’anni la salute è stata considerata un costo anziché un investimento per la collettività”.
Articolo di Francesca Simonelli
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