Biagio Antonacci e il drammatico ricordo dell’artista e le parole che mettono i brividi a chi le ascolta: ecco i dettagli della vicenda
Uno degli artisti che con la sua musica ha illuminato i palchi di tutta Italia facendosi apprezzare da milioni di telespettatori: stiamo parlando proprio di lui, Biagio Antonacci. Nel corso della sua carriera ha sfornato successi senza tempo e brani che sono stati la colonna sonora di tanti giovani innamorati. Nel corso della sua vita ha vissuto un periodo molto drammatico che ha voluto ricordare con delle parole da brividi.
Dopo aver conseguito la maturità, si arruola nei Carabinieri e frequenta la Scuola Allievi alla caserma Cernaia di Torino dove svolge il servizio a Garlasco. In quella occasione conoscerà il cantante Ron convinto delle sue capacità lo presenta al frontman degli Stadio, Gaetano Curreri, facendolo debuttare in apertura di un suo concerto.
L’esordio del cantante avviene nel 1988 partecipa tra le nuove proposte del Festival di Sanremo con il brano Voglio vivere in un attimo, senza accedere alla finale ma ottenendo un grandissimo successo senza tempo e nel 1989 viene pubblicato il suo primo album.
Negli anni collabora con una serie di artiste di un certo calibro scrivendo il brano Vivimi per l’album Resta in ascolto. Nel 2010, invece, pubblicata l’album Inaspettata e in molti gli hanno chiesto come mai ha deciso di chiamare così il suo album. Egli ha risposto: “Scelgo questo brano per dare un’entità al disco, mi piace molto Inaspettata, come ho amato in passato altri miei titoli, che comunque si riconoscevano in mezzo a tante cose”.
L’artista ha voluto ricordare una persona essenziale per la sua vita, suo padre.
Il ricordo di Biagio Antonacci
In una intervista concessa dal cantante Biagio Antonacci ai microfoni di Zon Magazine, egli ha fatto una confessione circa la sua infanzia complicata tra risse e scorribande.
Nel dettaglio, egli ha dichiarato: “Papà era povero, arrivò da emigrante a Milano e dormiva nei palazzi in costruzione. La parola povertà la conosco perché siamo stati spesso sul suo ciglio. Ci chiamavano terroni e questa cosa ci ha scatenato dentro un senso di rivalsa. Ci ha fatto dire: ‘Ve la faremo vedere’. Sono cresciuto nel Bronx, tra scorribande e risse. Eravamo i ragazzi della Via Pal noi di Rozzano. Quando dicevamo “vengo da lì” sul volto degli altri si formava un’espressione di disgusto”.
Ha aggiunto: “ I primi soldi che ricevetti mi parvero un errore perché la fortuna, ai poveri, sembra sempre uno sbaglio. Quando arrivò dalla Siae un assegno da 20 milioni mia madre mi disse ‘chiama la Polizia, ti fanno la multa, non sono soldi tuoi’. Le risposi di stare calma: ‘Non chiamo un nessuno mamma, quei soldi sono miei'”.