Anche se l’ex premier, Giuseppe Conte, entrerà a far parte del M5s, l’ormai ex attivista grillino, Alessandro Dibattista, decidere di chiudere al partito.
Il nuovo assetto in casa grillina prende sempre più forma. Ad ora, la decisione di acquisire all’interno del M5s l’esperienza di Conte non ha fatto cambiare idea a Di Battista. Quest’ultimo, sembra essere distante dal rinnovamento avvenuto in questi ultimi tempi all’interno della galassia pentastellata.
In effetti, in una dichiarazione rilasciata sul suo profilo instagram, Di Battista afferma: “ho lasciato il movimento per il sostegno che ha dato al nuovo governo Draghi”. Secondo il politico romano, la presenza di personaggi come Berlusconi, Salvini o esponenti del Pd, non porta a nessun beneficio per via di certe “linee politiche”.
Di Battista ha sostenuto Conte e il M5s fino alla nascita del nuovo esecutivo
“Questo è il governo dell’assembramento pericoloso” scrive il deputato della XVII legislatura. Questa è la risposta data su Instagram a un suo sostenitore che lo invogliava a tornare in prima linea col movimento.
La risposta categorica fa capire quanto da tempo Di Battista sia lontano dalle linee seguite dal M5s. Ad ora però, sembra si stia soltanto prendendo del tempo e a settembre prenderà una decisione in base ” allo stato dell’arte”.
La leadership di #Conte servirebbe a far rientrare le dimissioni di #DiBattista e dei ribelli #M5s: le prospettive grilline https://t.co/khsikt9c5j pic.twitter.com/9EpgUhIk5c
— Quotidiano Libero (@Libero_official) March 1, 2021
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Il nuovo governo Draghi ha creato discussioni nel mondo pentastellato
Sembra che all’interno del M5s ci sia stato un “cambio di idee” in questi ultimi tempi. “Io sono stato coerente con la linea precedente, loro no”. Da queste recenti dichiarazioni di Alessandro Di Battista si capisce quanto non sopporti l’idea di “sedersi al fianco di Gelmini, Brunetta e Carfagna”.
Quindi, l’autore del libro “Meglio liberi” si erge a portavoce dei 30.360 attivisti che hanno votato no al governo presieduto da Mario Draghi. Erano stati il 40.7% dei votanti, sulla piattaforma Rousseau, ad indicare la rottura con l’attuale esecutivo, perdendo di netto con chi invece ha voluto sostenerlo.
Secondo questi fatti, sembra che la strada scelta, da chi ha votato sì, sia avvenuta per difendere le normative attuate nel precedente governo; prima fra tutte la legge sulle prescrizioni. “Lo hanno dimostrato ma avrebbero potuto farlo in maniera più incisiva” afferma Di Battista.