La situazione economica in Italia è davvero problematica. L’ipotesi di un lockdown ne darebbe il definitivo colpo di grazia.
In Italia la crisi economica ha letteralmente messo in ginocchio il paese durante tutto l’arco dello scorso anno. I numeri fotografano il dramma vissuto dai milioni e milioni di commercianti costretti a ‘chiuder bottega’. L’ipotesi quindi di un nuovo lockdown, ipotizzato dal Consigliere al Ministro della Salute, Walter Ricciardi, porterebbe ad una vera e propria coltellata.
Andiamo quindi ad analizzare le conseguenze dell’ultimo lockdown e soprattutto le prospettive di ripresa che, a meno di una nuova chiusura generalizzata, portano l’Italia ad una lenta uscita dalla crisi economica.
Da marzo 2020 l’economia italiana ha subito un crollo verticale, che non è stato per nulla accentuato dalle azioni messe in campo dal Governo. I dati testimoniano una situazione critica, con la Fondazione Nazionale dei Commercialisti che ha misurato l’impatto dell’emergenza sull’economia italiana. L’analisi mostra il calo drastico del Pil, con numeri che si attestano sul -9,2%. Messo in rapporto con le altre nazioni, emerge che sia il peggiore calo dopo l’Argentina (-10,4%) e il Regno Unito (-10%).
Ad accentuare il dramma tricolore ci pensa la mancanza di fondi statali, pari 1.858 pro capite. Cifra molto più bassa rispetto a Germania (4.414 euro), Francia (2.677 euro) e Stati Uniti (9.311 euro). Considerando che la perdita media del Pil è di oltre 2 mila euro a persona nel 2020, il sostegno del Governo è pressoché nullo.
Analizzando direttamente i numeri delle imprese commerciali, Confesercenti ci permette di scoprire come il 7% delle attività commerciali, turistiche e di pubblico esercizio ha dichiarato di essere fallito. Lamentano rischi di chiusura invece il 57,8% nel settore dell’alloggio, al 60% per quanto riguarda cultura, sport e intrattenimento e al 66,5% nella ristorazione.
Ad andare più in crisi le microimprese che rappresentano l’85% delle unità produttive chiuse e e si concentrano nel settore dei servizi non commerciali.
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Tra chi ha superato la prima ondata di contagio, il rischio di chiusura si accentua nel caso vengano adottate nuove restrizioni. In particolar modo al sud dove il 31,9% delle imprese al momento chiuse (6 mila unità) prevede di non riaprire, rispetto al 27,6% del Centro, al 23% del Nord-Ovest e al 13,8% del Nord-Est.
Le prospettive europee parlano chiaro, i livelli pre-pandemia si avranno solo a partire dal 2022. Ad affermarlo la Commissione Ue che si è mostrata cautamente ottimista circa di tempi di ripresa. Si prevede infatti che la zona europea abbia una crescita nel 2021 e nel 2022 del 5,4%. Numeri che però, già in partenza, non sono rispettati dall’Italia che arriverebbe ad un Pil superiore del 3,5%.
Una prospettiva che tanto dice sull’andamento e che soprattutto, in caso di nuovo lockdown, affosserebbe definitivamente la penisola. Perché se le prospettive dal punto di vista del Prodotto Interno Lordo non rispecchiano l’andamento europeo, delle restrizioni drastiche sarebbero l’ennesima batosta sulle spalle degli italiani che già faticano ad andare avanti considerata la grave crisi economica nella quale si vive da ormai troppo tempo.
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