Tante le polemiche in merito alla posizione dell’ex Ilva che sembra pensare più al guadagno che all’inquinamento ambientale.
Una sentenza del Tar si è pronunciata nei giorni scorsi in merito agli impianti dell’ex Ilva. Secondo quanto riferito dallo stesso “senza la disponibilità di una stazione di miscelazione azoto e metano, non si permetterebbe la tenuta in riscaldo dei forni e ne conseguirebbe il loro crollo e quindi la distruzione dell’asset aziendale di proprietà di Ilva in Amministrazione Straordinaria”.
Una conseguenza tragica e che evidenzia quindi rischi per la sicurezza e che porterebbe al blocco della produzione dello stabilimento, quest’ultimo qualificato di ‘interesse strategico’ per l’intera nazione sulla produzione di acciaio.
Ecco ora cos’accadrà per l’ex Ilva
Ora ci sono sessanta giorni per l’azienda affinché venga chiusa l’area a caldo. Il Tar di Lecce ha infatti imposto di fermare le attività più inquinanti degli stabilimenti di Taranto al massimo entro due mesi. Ancora una volta il destino delle acciaierie sale in cima ai dossier e sembra essere una questione più spinosa del previsto.
Si chiede quindi d’intervenire prontamente e che si proponga di rendere disponibili ulteriori risorse economiche per affrontare l’emergenza sanitaria connessa all’impatto delle emissioni inquinanti, cui sembrerebbe sottendere tuttora un’ottica eminentemente risarcitoria per i danni alla salute.
Infatti, a ribadire tale tesi ci pensa l’Ordine dei Medici che afferma: “Un danno alla salute non deve essere compensato quanto piuttosto prevenuto, adottando tutte le misure che il principio di precauzione impone a qualunque attività antropica che presenti rischi per l’integrità psicofisica dei cittadini”.
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Intanto Confindustria si affida alla ‘ragione del Governo’
Intanto si schiera dalla parte dell’acciaieria Confindustria che si affida alle mani del Governo e del nuovo premier incaricato, Mario Draghi: “Interrompere la produzione e la fornitura dell’acciaio prodotto a Taranto mette in seria difficoltà le intere filiere della manifattura italiana che ne hanno necessità”.
Parole che naturalmente creano una spaccatura tra chi pensa ad evitare l’inquinamento ambientale e chi invece rivolge il proprio pensiero unicamente all’economia. Due fronti sicuramente da non sottovalutare e che viaggiano parallelamente. Resta però una situazione da risolvere, soprattutto in tempi brevi affinché si possa evitare un vero e proprio disastro ambientale per la penisola.