L’inaspettata apertura della Lega nei confronti di Mario Draghi ha portato non poche difficoltà al PD che entra in crisi. Vediamo nel dettaglio
L’apertura della Lega nei confronti del Governo Draghi ha colto di sorpresa osservatori e politici italiani. Tutti convinti all’unisono che Salvini non avrebbe sostenuto il presidente incaricato da Mattarella a seguito del noto fallimentare tentativo di dare vita ad un “Conte-ter“.
Infatti, successivamente alla convocazione al Quirinale dell’ex presidente della BCE, Salvini aveva pubblicamente annunciato di essere pronto a sostenere solo un progetto in grado di portare a elezioni anticipate il Paese in tempi brevissimi, occupando i tre mesi che ci sarebbero voluti da qui alle urne con alcune riforme necessarie per i cittadini.
Invece, già prima del colloqui con l’economista romano, il leader del Carroccio aveva modificato la sua posizione, manifestando la voglia di partecipare direttamente alla formazione del nuovo governo.
In tutto questo caos, in molti si domandano cosa sia stato il fattore scatenante che ha permesso al Leader Salvini di cambiare idea così repentinamente. Fatto sta, che in questo nuovo sorprendente scenario, chi rischia di entrare in crisi è il Partito Democratico, che puntava sulla nascita della coalizione Ursula. Ma andiamo per ordine.
Il secondo giro di consultazioni del presidente incaricato Mario Draghi porterà alla nascita del nuovo governo. Nel dettaglio però, le posizioni con cui i partiti si presentano all’appuntamento sono molto cambiate rischiando così il collasso, per alcuni di essi.
Il Movimento 5 Stelle, seppur con non poche difficoltà ha dato il completo appoggio a Draghi. Ad intervenire è stato Beppe Grillo che citando addirittura Platone ha affermato: “Non conosco una via infallibile per il successo, ma una per l’insuccesso sicuro: voler accontentare tutti“, il riferimento è lecito.
Anche l’ex premier Giuseppe Conte ha mostrato il suo accordo al nuovo governo senza però far trapelare se vi entrerà nei panni di ministro o meno.
“Il presidente incaricato è persona di spessore: io l’ho incontrato in diversi vertici e l’ho apprezzato. È stato lui che ha posto le basi per superare le politiche di austerità: è un interlocutore da prendere in seria considerazione” ha spiegato Conte.
Fin qui tutto bene, ma ecco che qualcosa di inaspettato giunge e segna queste consultazioni. La lega infatti, prendendo tutti di sorpresa, fa un inversione di marcia ed annuncia: “Noi siamo a disposizione.”
“La Lega è la prima forza politica del Paese, dove governa lo fa con ottimi risultati. A differenza di altri non riteniamo che si possa andare avanti a colpi di no. Grillo, Conte, la Boldrini? Noi siamo diversi, noi non abbiamo pregiudizi, abbiamo parlato del futuro dei nostri figli“, ha annunciato il leader della Lega Salvini.
Matteo Salvini ha perciò rassicurato che non farà problemi, né sui programmi né sugli alleati ma che anzi darà pieno sostegno al nuovo governo ed a tutti i suoi partecipanti.
“Io sono uno molto pragmatico e concreto, se nei prossimi mesi si potrà operare un taglio delle tasse e della burocrazia per far ripartire i cantieri e dare respiro a famiglie, commercianti e imprese, io ci sono.”
“Abbiamo parlato con il professor Draghi anche di Europa: è chiaro che siamo mani cuore e cervello in Europa, io aspiro a un governo che difenda gli interessi nazionali. Non si tratta di non essere o essere europeisti: vogliamo un governo che vada a Bruxelles a trattare a testa alta per l’interesse degli italiani e pensiamo che la condivisione sia totale“.
Successivamente il PD che ha dato al presidente incaricato la massima disponibilità a dare il suo sostegno, potrebbe trovarsi in difficoltà. Il segretario Nicola Zingaretti, mentre in molti cercano ancora di capire cosa ci sia sotto questa scelta da parte della Lega, ha annunciato che è una buona notizia.
“La Lega entrata facilmente nel Governo impatta sul PD? Non c’è dubbio che è una novità — ha osservato Zingaretti — e ho pensato `Salvini ha dato ragione al PD´, non ci siamo spostati noi. Salvini però non ha votato il Recovery plan e non so cosa farà ora. L’idea di distruggere l’Europa era un’idea fallimentare.”
Il segretario del PD aveva da subito espresso il pieno appoggio a Mario Draghi, ma per alcuni esponenti un’alleanza con i nemici storici leghisti potrebbe essere indigeribile.
Zingaretti nel frattempo, cerca un dialogo e tenta di calmare le acque. Una posizione che al momento sembra tenere unite le varie correnti del Partito Democratico ma che in tempi brevi potrebbe non funzionare più, qualora si creassero scontri tra i due principali partiti italiani.
A giocare un ruolo fondamentale nella scelta di Salvini sembra esserci stato sicuramente Giancarlo Giorgetti, uno degli uomini più potenti all’interno del partito. Più di una volta Giorgetti ha infatti presentato la sua stima nei confronti di Draghi.
Non sembra fosse stata questa però, l’unica motivazione. Infatti Salvini sembra essersi convinto che la sua strategia di opposizione stesse abbassando di molto il numero dei consensi della Lega, come tra l’altro registrato dagli ultimi sondaggi.
Perciò a risollevare le percentuali di consenso potrebbe farcela solo il Recovery Fund. La possibilità di giocare un ruolo importante nella gestione dei 209 miliardi previsti dal Recovery Fund sarebbe infatti per il partito fondamentale.
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“E dunque ora che facciamo?”, si sono domandati i vertici del Partito democratico a seguito della decisione del leader del Carroccio di sostenere Draghi. Come si replica a una mossa tanto spiazzante, dopo che per settimane, quando l’obiettivo principale era stato essere seguiti dal Movimento cinque stelle nella nuova esperienza , si era rimasti certi e fermi su un unico punto: “mai al governo insieme alla Lega”?
Il problema è chiaro: per ” accontentare tutti” quale sarà la formula più efficace? Governo politico, governo di tecnici, governo misto o modello Dini con ministri tecnici e sottosegretari politici?
Da questo dilemma e la sua relativa soluzione dipende la buona riuscita dell’operazione e soprattutto il futuro in prospettiva. Di sicuro, come fanno notare dal PD, un governo con i leader dentro porterebbe all’automatica, o quasi, elezione di Draghi a presidente della Repubblica, uno scenario pazzesco destinato cambiare di ora in ora.
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