Oggi si celebra in tutto il mondo la giornata mondiale contro la violenza. I casi però di bullismo non accentuano a diminuire al momento.
Il 7 febbraio ricorre la giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo. Nel 2020, anno segnato dalla pandemia. Il 61% degli adolescenti ha dichiarato di essere stata una vittima e ben il 68% di aver assistito a tali episodi.
I suddetti dati, sono emersi da una ricerca portata avanti da Terre des Hommes Italia assieme a ScuolaZoo condotta all’interno dell’Osservatorio indifesa. Tali numeri sono il risultato di carenze non colmate dalle norme, anche quelle più recenti. Infatti, come dichiarato dal fondatore e direttore del Centro della Casa Pediatrica dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, Luca Bernando: “Finora è mancato un coordinamento nazionale nella lotta al fenomeno, oltre a una raccolta almeno annuale di dati, con numeri reali che avrebbero aiutato a trovare approcci più efficaci”.
Il professor Bernando, proprio per aiutare le vittime di bullismo e cyberbullismo, ha dato vita al Centro di Coordinamento Nazionale per il supporto ai casi di cyberbullismo scolastico (Co.Na.Cy). Anche l’avvocato Marisa Maraffino, esperta di bullismo e reati informatici e autrice del libro “Il bullismo spiegato a genitori e insegnanti”, ha raccontato durante un’intervista: “La tutela delle vittime attraverso il diritto è importante, ma più che sanzione, la parola chiave è responsabilità. Di tutti gli adulti: genitori, insegnanti, presidi, avvocati, magistrati, politici, amministratori dei social”.
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Per quanto concerne le leggi messe in campo per combattere questo fenomeno, si sottolinea che la legge 71 del 29 maggio 2017 interviene in materia di cyberbullismo, ma non esiste ancora una legge nell’ordinamento riferita al bullismo.
Inoltre, il codice penale esclude l’imputabilità dei ragazzi sotto ai 14 anni, i quali potrebbero essere sottoposti a misure di sicurezza. Ma, nella maggior parte dei casi, soprattutto fino all’età di 18 anni, i giudici optano per sanzioni non penali, a favore di misure che favoriscano la rieducazione e l’inserimento. Come dichiarato dall’avvocato Maraffino: “Bisognerebbe procedere d’ufficio, ma non accade quasi mai e, nel 70% dei casi, i genitori della vittima trasferiscono il figlio in un’altra scuola, spesso per paura delle reazioni delle altre famiglie”.
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