Una negazionista è deceduta in seguito ad aver invocato i propri follower sui social a partecipare a feste, senza rispettare le norme anti-contagio.
I negazionisti si moltiplicano nel mondo e, nonostante i milioni e milioni di morti che ha provocato il Coronavirus in poco meno di un anno, portano avanti la loro idea. Le conseguenze di questi comportamenti irresponsabili rischiano di compromettere i sacrifici compiuti da chi invece rispetta rigorosamente le regole.
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Ci permette di analizzare al meglio la tematica il caso di Ygona Moura, influencer rinomata in Brasile che ha portato avanti la sua particolare convinzione che il virus non esista. Purtroppo però per lei l’epilogo della storia è tutt’altro che felice, andiamo a scoprire il perché.
La storia della negazionista deceduta
“Vi siete accalcati bene alla festa? Io sono andata a ballare e mi sono accalcata, avevo tanta nostalgia di questa calca, mi mancava da morire!“: queste le sue parole in uno dei numerosi video pubblicati sui social network in avvio del nuovo anno. Ygona, molto popolare nella comunità Lgbt brasiliana, ha scoperto di essere gay all’età di 16 anni e successivamente è diventata transgender. Precisamente una volta compiuti i 20 anni.
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Per lei anche la possibilità di essere accolta a Casa Florescer, un progetto di accoglienza a San Paolo per transgender. Un modo per accettare la nuova condizione di vita. I buoni propositi sono stati però ben presto schiacciati dal carattere autoritario e dalle idee contrastanti in merito al Coronavirus. L’influencer infatti pensava che la malattia fosse un qualcosa di puramente inventato, e quindi inesistente.
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Il triste epilogo per lei
Cavalcando quindi questa ideologia, ed essendo diventata molto popolare sui social, ha incitato i propri follower a partecipare alle feste e ad assembrarsi senza tener conto delle normative anti-contagio. Comportamenti da lei stessa praticati siccome ha partecipato a feste senza mascherina e con decine di persone.
Nelle ultime settimane Ygona si è però ammalata proprio di Coronavirus, tanto da essere ricoverata nel reparto di rianimazione di un ospedale di San Paolo. Nonostante i tentativi dei medici di salvarla, non c’è stato nulla da fare. Deceduta all’età di 23 anni, dimostra come la superficialità non paghi e soprattutto come il virus ‘non guardi in faccia a nessuno’, anzi, penalizza chi assume comportamenti scorretti nella lotta al Covid.