Un caso che sta facendo discutere, una maestra licenziata e vittima dell’incompetenza di chi, come la preside, doveva tutelarla e non l’ha fatto.
Nell’epoca del “body shaming” e “revenge porn”, dove le immagini rischiano di diventare veicoli pericolosi di odio e scherno, le insidie si nascondono dietro l’angolo.
Continuano ad essere sempre più frequenti gli episodi di donne costrette a denunciare episodi di bullismo cibernetico, dove la vergogna si mischia a conseguenze psicologiche molto pericolose.
Succede, così, che una persona dopo anni si ritrova a dover fare i conti che con vecchi video, destinati ad un uso del tutto privato, che invece vengono spiattellati su WhatsApp, messi alla pubblica gogna con il solo gusto di denigrare e deridere.
Il fenomeno è ampio, e in costante evoluzione soprattutto oggi che è molto facile far circolare immagini, video e foto intimi, che anche a distanza di tempo rischiano di diventare un vero e proprio pericolo per chi li gira.
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La maestra di Torino
E’ il caso di cronaca, ultimo soltanto in ordine temporale, di una maestra di Torino vittima proprio di quello che potrebbe rientrare nella sfera del cyber bullismo.
Una giovane insegnante di 20 anni, infatti, è stata licenziata dopo la diffusione di alcune immagini che la ritraevano in atteggiamenti intimi, inizialmente destinate soltanto all’ex fidanzato.
Proprio quest’ultimo, a distanza di anni, ha ben pensato di girare le stesse immagini nella classica chat del calcetto, ed da lì l’inizio di una serie di eventi che hanno portato guai seri nella vita della donna.
Immagini finite sul cellulare del papà di una delle alunne dell’insegnante in questione, riconosciute dalla mamma, e dunque prontamente finite sulla scrivania della preside della scuola.
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Il licenziamento e l’inizio delle indagini
Un caso, quello dell’insegnante di Torino, che ha trovato sviluppi repentini ed ovviamente denigratori nei confronti dell’insegnante incriminata: licenziamento immediato e dito puntato verso la giovane insegnante.
Immagini che hanno scatenato il putiferio e dunque portato la maestra e denunciare i suoi “aguzzini“.
Sul banco degli imputati sono finiti l’ex compagno, che ha chiesto la possibilità di svolgere lavori socialmente utili per un certo periodo (otto ore a settimana per un anno), al termine del quale il giudce dovrà valutare se proscioglierlo oppure processarlo.
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Per le mamme e la preside le conseguenze rischiano di essere ancora più gravi, con le indagini della Procura di Torino che potrebbero portare a decisioni drastiche a causa dell’accusa di diffamazione.
Presto comincerà il processo: se non risarciranno la maestra prima dell’inizio, lei si costituirà parte civile e l’epilogo potrebbe essere ancora più. S
oprattutto per la preside, complice di un gioco al massacro nel quale avrebbe dovuto svolgere, invece, un ruolo cautelativo.
La storia che si ripete
Come detto in apertura, episodi di questo tipo sono davvero tanti, troppi. Difficile, ancora oggi, riuscire a debellare una piaga che rientra ovviamente nella mancanza di rispetto nei confronti della vita privata altrui.
Resta ancora nella memoria, ad esempio, la storia di Tiziana Cantone, vittima della diffusione di immagini private che la riguardavano e che all’epoca fecero il giro del web.
Per Tiziana il trauma fu pesante, al punto da indurre la giovane donna a suicidarsi dopo la diffusione in massa dei suoi video, che la resero a sua insaputa e contro la sua volontà un personaggio mediatico.
Una storia che non vorremo mai più raccontare, ma che ancora adesso rimbomba nella aule scolastiche di Torino, dove la speranza è che la giustizia ed il buon senso facciano il proprio corso.